Il lavoratore che chieda il risarcimento del danno biologico derivante da demansionamento ha l’onere di fornire, specie ove lamenti patologie riconducibili a diverse cause (come nel caso di depressione), la prova del nesso di causalità, costituito non già da una mera possibilità o una astratta probabilità, bensì da una “probabilità qualificata” da ulteriori elementi (anche negativi ed inerenti alla mancanza di prova della preesistenza, concomitanza o sopravvenienza di altri fattori determinati).
Sussiste l’obbligo di una Azienda Sanitaria Locale di corrispondere le rette di spedalità per prestazioni di cure sanitarie e assistenza integrata, connesse al ricovero di un assistito affetto fin dall’età adolescenziale da insufficienza mentale di grado elevato, che, alcuni anni dopo la nascita, è stato affidato ad un Istituto ubicato in un’altra regione, successivamente, ha sempre vissuto in tale struttura di assistenza. La giurisprudenza, al riguardo, si è ampiamente espressa, non solo riportandosi al criterio della prevalenza delle prestazioni, nel senso di attribuire i relativi oneri economici alle Servizio Sanitario Nazionale oppure ai Comuni in dipendenza della rilevanza o meno delle cure sanitarie rispetto al più contenuto elemento dell’assistenza, ma anche chiarendo che deve considerarsi prevalente il primo aspetto nell’ipotesi di trattamenti farmacologici finalizzati al contenimento di esiti degenerativi e invalidanti di patologie congenite o acquisite. Con riferimento al caso di specie, non può negarsi che il problema della disabilità e dell’emarginazione, disciplinato dal D.P.C.M. 14 febbraio 2001, e in buona sostanza il carattere socio assistenziale dell’attività svolta nei confronti dell’assistito appare meno significativo in rapporto al dato essenziale delle cure sanitarie, sia pure farmacologiche, prestate a causa di una malattia mentale irreversibile, pertanto la ASL è tenuta ad adempiere al pagamento delle rette di spedalità in favore dell’Istituto Ospedaliero.
La sentenza
na malattia mentale irreversibile, pertanto la ASL è tenuta ad adempiere al pagamento delle rette di spedalità in favore dell’Istituto Ospedaliero.
La Corte conferma la legittimità del licenziamento disciplinare inflitto al medico radiologo inserito in una struttura sanitaria privata per aver eseguito alcuni esami in favore della madre di un collega senza farla pagare, attestando falsamente che si trattava di paziente ricoverato. La Corte sottolinea il disvalore ambientale che può comportare un siffatto comportamento da parte del dipendente.
Con il D. Lgs. 17/8/1999 n. 368, lo Stato italiano ha recepito la direttiva comunitaria in materia ed ha regolamentato la formazione specialistica dei medici, anche sotto il profilo retributivo e quello contributivo, stabilendo tra l’altro, all’art. 37, la stipula con l’Università di un contratto e trasformando lo status dello specializzando da titolare di borsa di studio a lavoratore subordinato. Tuttavia, subito dopo, il D. Lgs. 517/99 ha bloccato l’applicazione degli articoli da 39 a 41, che riguardano la retribuzione, la copertura assicurativa e la facoltà di esercizio della libera professione. Solo il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6/7/2007 ha definito lo schema tipo di contratto di formazione specialistica dei medici, che a partire dal 2006 ricevono il trattamento economico previsto in tale schema di contratto. Tutto quanto sopra ha palesemente determinato una disparità di trattamento ed un grave pregiudizio a tutti i medici che hanno percepito, nonostante il riconoscimento contenuto nel D. Lgs. 368/99, solo la vecchia borsa di studio. Tuttavia il blocco all’incremento della borsa di studio riguardava la indicizzazione all’inflazione, ma non si estendeva agli incrementi contrattuali del personale medico diepndente del SSN successivi al 1993. Tale orientamento è confermato da Cass. 18/6/2015 n.12624: l’aumento del tasso programmato di inflazione non è riconoscibile fino al 31 dicembre 2005, essendo state bloccate sino a tale data le indicizzazioni, mentre il blocco degli incrementi retributivi contrattuali è avvenuto sino al 31 dicembre 1993, e riguardava perciò solo il biennio 1992/93.
Sentenza Tribunale di Milano, Sez. Lavoro del 12/01/2012
La Azienda sanitaria non può sospendere il pagamento delle “quote” relative a cittadini extracomunitari anche se il loro permesso di soggiorno è scaduto. La sentenza:
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