Archivio dei tag mobbing

Mobbing e demansionamento del Primario nei confronti dell’Aiuto. Corte di Cassazione, sentenza del 2/2/2010 n.2352

Costituisce fatto colposo che configura illecito civile continuato ed aggravato dal persistere della volontà punitiva e di atti diretti all’emarginazione del professionista, la condotta del primario che nell’esercizio formale dei poteri di controllo e di vigilanza del reparto, estrometta di fatto l’aiuto anziano da ogni attività proficua di collaborazione, impedendogli l’esercizio delle mansioni cui era addetto.

La sentenza

Inveire e gridare continuamente avverso i propri subordinati è mobbing. Cassazione Civile, sentenza 20/03/2009 n.6907

Altri indizi sono la sproporzione tra i lievi fatti addebitati e le sanzioni e il fatto che i rimproveri erano sempre fatti davanti agli altri colleghi.

La sentenza

Revoca dell’incarico dirigenziale, dichiarazione di eccedenza, messa in disponibilità. Illegittimità degli atti e giurisdizione del Giudice Ordinario. Cassazione Civile, sentenza 16/02/2009 n.3677.

Il caso dei dirigenti cui viene revocato l’incarico dirigenziale, e poi, modificata la pianta organica con soppressione del posto, dichiarato in eccedenza e collocato in disponibilità. I dirigenti che agiscono per l’annullamento della revoca dell’incarico non devono impugnare gli atti amministrativi successivi che influiscono sul diritto fatto valere, ma il Giudice Ordinario può disapplicarli. La sentenza:

Il rapporto di gerarchia non autorizza l’ingiuria. Cassazione Penale, sentenza 25 luglio 2008 n.31388

NON SI PUO’ DIRE AL PROPRIO SUBORDINATO: “LEI NON CAPISCE UN C…”

Con sentenza n.3338 del 25 luglio 2008 la Sezione IV Penale della Cassazione ha sostanzialmente confermato la sentenza della Corte d’Appello di Catania del 12 giugno 2007, affermando che commette il reato di ingiura il superiore gerarchico che apostrofi il dipendente a lui subordinato con la frase “Lei non capisce un c…” . Il rapporto di subordinazione non attenua i limiti al diritto del superiore di etero-determinare la prestazione del dipendente, anche eventualmente con la critica e la correzione, ma anzi il superiore deve far uso di una “attenta continenza espressiva” .

La sentenza

Chi denuncia il mobbing non diffama. Cassazione Penale, sentenza 23 aprile 2008 n.16870

Denunciare al superiore le vessazioni del collega di lavoro non è diffamazione perchè vi è l’esimente dell’adempimento di un dovere.

La sentenza

Diffamazione ad opera del capo ufficio. Cassazione Penale, sentenza 11 giugno 2007, n. 22702

Il capo ufficio che usa espressioni offensive della professionalità e della reputazione del dipendente subordinato inviando relazioni negative alla Direzione, non supportate da elementi oggettivi e al di fuori delle procedure formali di contestazione, commette il reato di diffamazione.

        La sentenza

Concorso di cause nel danno da mobbing. Cassazione Civile, Sez. Lav., sentenza 8 giugno 2007, n. 13400

La sentenza ha affermato il seguente principio di diritto in un caso di risarcimento dei danni derivanti da mobbing e licenziamento illegittimo di un lavoratore che tuttavia già versava in uno stato di depressione ansiosa, aggravato dal comportamento del datore di lavoro:

In materia di rapporto di causalità nella responsabilità extracontrattuale, in base ai principi di cui agli artt.40 e 41 c.p., qualora la condotta abbia concorso insieme a circostaze naturali alla produzione dell’evento, e ne costituisca un antecedente causale, l’agente deve rispondere per l’intero del danno, che altrimenti non si sarebbe verificato. Non sussiste, invece, nessuna responsabilità dell’agente per quei danni che non dipendano dalla sua condotta, che non costituisce un antecedente causale, e si sarebbero verificati ugualmente anche senza di essa, né per quelli preesistenti. Anche in queste ultime ipotesi, peraltro, debbono essere addebitati all’agente, i maggiori danni, o gli aggravamenti, che siano sopravvenuti per effetto della sua condotta, anche a livello di concausa, e non di causa esclusiva, e non si sarebbero verificati senza di essa, con conseguente responsabilità dell’agente stesso per l’intero danno differenziale.
La sentenza è interessante perchè chiarisce quando è possibile addebitare interamente il danno all’agente e quando invece è possibile addebitare solo il danno c.d. “differenziale”.
Il punto delicato della massima è nella parte in cui esige l’indagine sui danni che si sarebbero verificati ugualmente senza la condotta dell’agente. In tal modo viene introdotto un giudizio ipotetico simile a quello in tema di causalità nei reati omissivi; quest’ultimo è tema assai dibattuto e controverso, sul quale i più recenti arresti giurisprudenziali non richiedono una certezza assoluta, ma un’alta probabilità, fondata non solo su leggi scentifiche, ma anche su una completa analisi fattuale.

Legittimità delle registrazioni nella prova del mobbing. Cassazione Sez. Lavoro, sentenza 8 maggio 2007 n.10430

La Cassazione conferma un orientamento già espreso a SS.UU. in sede penale, e cioè che è legittima la registrazione di conversazioni purchè chi registra sia presente alla conversazione; la “intercettazione”, perseguibile penalmente, avviene solo quando chi registra non sia presente.
Nel caso in specie poi la registrazione eseguita  per fornire prova delle angherie subite al posto di lavoro costituisce anche esercizio del diritto del lavoratore alla tutela della sua salute e del diritto di difesa.

       La sentenza