Mobbing e licenziamento

MOBBING

LA CASSAZIONE ALLEGERISCE L’ONERE DELLA PROVA DELL’INTENTO PERSECUTORIO

“Nel rito del lavoro, il principio dispositivo deve essere contemperato con quello della ricerca della verità materiale, con l’utilizzazione da parte del giudice anche di poteri officiosi oltre che della prova per presunzioni, alla quale, specialmente in casi come quello in oggetto, va attribuito precipuo rilievo”.

Sentenza n.18927/20120

 


CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA N.3415/2012

Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno per perdita di chances se la procedura di selezione non è trasparente.

La sentenza: 



CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA N.5119/2010

Annullamento di selezione del personale e risarcimento del danno per perdita di chances: la Cassazione limita la discrezionalità del datore di lavoro.

In particolare la Cassazione afferma che la valutazione dei candidati spetta al datore di lavoro, tuttavia, al fine del calcolo delle probabilità di superamento della selezione, il giudice non si può esimere dal l’apprezzare in concreto ogni elemento di valutazione e di prova ritualmente introdotto nel processo che, per inerire alla necessità e correttezza della valutazione comparativa dei titoli del lavoratore escluso e di quelli utilmente selezionati, appaia a tal fine funzionale e coerente.

La sentenza: 

LA CASSAZIONE CONFERMA IL PROPRIO ORIENTAMENTO SUL MOBBING:

Per mobbing si deve intendere una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. E si è precisato che ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti:
a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;
c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.

La sentenza: 
 


LA CASSAZIONE CONFERMA CHE IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA DEMANSIONAMENTO NON E’ SOGGETTO A TASSAZIONE

Sentenza n.6754/2010: 

 

 

UN ESEMPLARE CASO DI MOBBING: DOPO VENT’ANNI, GIA’ IN PENSIONE, AL MEDICO VIENE RICONOSCIUTO CHE AVEVA DIRITTO AL POSTO DI PRIMARIO

La base di partenza per il risarcimento del danno è di € 750.000,00:

UN ANNO DI SENTENZE SUL MOBBING, A CURA DELLA DOTT.SSA SIMONETTA DELLE DONNE

La sintesi: 

CASSAZIONE CIVILE SENTENZA N.6907/2009:

Inveire e gridare continuaemente contro i propri subordinati è mobbing: 

 

 

CASSAZIONE CIVILE SENTENZA N.3785/2009

L’intento persecutorio nel mobbing deve essere puntualmente provato.

La sentenza: 

CASSAZIONE CIVILE SENTENZA CIVILE N.29832/2208

La Cassazione conferma gli orientamenti già espressi in tema di mobbing:
1) La bipartizione del danno nelle categorie di patrimoniale e non patrimoniale.
2) La necessità della prova del danno da demansionamento e dequalificazione.

Ecco il testo: 


CORTE DI CASSAZIONE CIVILE SENTENZA N.28887/2008:

Il risarcimento del danno non patrimoniale non è soggetto ad IRPEF.
Vedi la sentenza, relativa ad un risarcimento danni per mobbing e demansionamento:

La sentenza: 2008_28887a_05.pdf

 non esiste

 

UN PERIODO DI SEI MESI E’ PIU’ CHE SUFFICIENTE PER INTEGRARE GLI ESTREMI DEL MOBBING:

Cassazione Sez. Lavoro, sentenza n.22858 del 9 settembre 2008: 2008_22858_04[1].pdf

CASSAZIONE PENALE, SENTENZA N.1369/20009

Il diritto di critica prevale sulla possibile diffamazione.

Ecco la sentenza: 

NON SI PUO’ DIRE AL PROPRIO SUBORDINATO: “LEI NON CAPISCE UN C…”

Con sentenza n.3338 del 25 luglio 2008 la Sezione IV Penale della Cassazione ha sostanzialmente confermato la sentenza della Corte d’Appello di Catania del 12 giugno 2007, affermando che commette il reato di ingiura il superiore gerarchico che apostrofi il dipendente a lui subordinato con la frase “Lei non capisce un c…” . Il rapporto di subordinazione non attenua i limiti al diritto del superiore di etero-determinare la prestazione del dipendente, anche eventualmente con la critica e la correzione, ma anzi il superiore deve far uso di una “attenta continenza espressiva” .

CASSAZIONE PENALE SENTENZA 23 APRILE 2008 N.16870 – MOBBING: DENUNCIARE AL SUPERIORE LE VESSAZIONI DEL COLLEGA DI LAVORO NON E’ DIFFAMAZIONE

Leggi la sentenza per intero

CASSAZIONE SEZ. LAVORO SENTENZA N.2728 DEL 02 FEBBRARIO 2008


Il lavoratore che chieda il risarcimento del danno biologico derivante da demansionamento ha l’onere di fornire, specie ove lamenti patologie riconducibili a diverse cause (come nel caso di depressione), la prova del nesso di causalità, costituito non già da una mera possibilità o una astratta probabilità, bensì da una “probabilità qualificata” da ulteriori elementi (anche negativi ed inerenti alla mancanza di prova della preesistenza, concomitanza o sopravvenienza di altri fattori determinati).

CASSAZIONE SEZ. LAVORO SENTENZA N.13400 DEL 08 GIUGNO 2007

La sentenza ha affermato il seguente principio di diritto in un caso di risarcimento dei danni derivanti da mobbing e licenziamento illegittimo di un lavoratore che tuttavia già versava in uno stato di depressione ansiosa, aggravato dal comportamento del datore di lavoro:

In materia di rapporto di causalità nella responsabilità extracontrattuale, in base ai principi di cui agli artt.40 e 41 c.p., qualora la condotta abbia concorso insieme a circostaze naturali alla produzione dell’evento, e ne costituisca un antecedente causale, l’agente deve rispondere per l’intero del danno, che altrimenti non si sarebbe verificato. Non sussiste, invece, nessuna responsabilità dell’agente per quei danni che non dipendano dalla sua condotta, che non costituisce un antecedente causale, e si sarebbero verificati ugualmente anche senza di essa, né per quelli preesistenti. Anche in queste ultime ipotesi, peraltro, debbono essere addebitati all’agente, i maggiori danni, o gli aggravamenti, che siano sopravvenuti per effetto della sua condotta, anche a livello di concausa, e non di causa esclusiva, e non si sarebbero verificati senza di essa, con conseguente responsabilità dell’agente stesso per l’intero danno differenziale.
La sentenza è interessante perchè chiarisce quando è possibile addebitare interamente il danno all’agente e quando invece è possibile addebitare solo il danno c.d. “differenziale”.
Il punto delicato della massima è nella parte in cui esige l’indagine sui danni che si sarebbero verificati ugualmente senza la condotta dell’agente. In tal modo viene introdotto un giudizio ipotetico simile a quello in tema di causalità nei reati omissivi; quest’ultimo è tema assai dibattuto e controverso, sul quale i più recenti arresti giurisprudenziali non richiedono una certezza assoluta, ma un’alta probabilità, fondata non solo su leggi scentifiche, ma anche su una completa analisi fattuale.

CORTE DI CASSAZIONE PENALE SENTENZA N.22702 DEL 11 GIUGNO 2007

Il capo ufficio che usa espressioni offensive della professionalità e della reputazione del dipendente subordinato inviando relazioni negative alla Direzione, non supportate da elementi oggettivi e al di fuori delle procedure formali di contestazione, commette il reato di diffamazione.

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE SENTENZA N.10430 DEL 8 MAGGIO 2007

La Cassazione conferma un orientamento già espreso a SS.UU. in sede penale, e cioè che è legittima la registrazione di conversazioni purchè chi registra sia presente alla conversazione; la “intercettazione”, perseguibile penalmente, avviene solo quando chi registra non sia presente.
Nel caso in specie poi la registrazione eseguita  per fornire prova delle angherie subite al posto di lavoro costituisce anche esercizio del diritto del lavoratore alla tutela della sua salute e del diritto di difesa.

I TURNI DI PRONTA DISPONIBILITA’ ECCESSIVI DANNO LUOGO AL RISARCIMENTO DEL DANNO:

I turni di pronta disponibilità oltre il numero massimo mensile previsto dai CCNL danno luogo al risarcimento del danno per il lavoratore e all’ordine per l’Azienda di attenersi alla disciplina contrattuale

La sentenza: