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Consenso informato e intervento diverso da quello preventivato

Corte di Cassazione, ordinanza 21 gennaio 2025 n.1443

In caso di violazione del dovere di autodeterminazione del paziente, opera il principio del dissenso presunto in relazione a tutto ciò che si pone al di là e al di fuori dei trattamenti medico-chirurgici autorizzati, a meno che il diverso e più invasivo intervento non sia giustificato da una situazione di urgenza (caso di intervento più invasivo di quello preventivato e non giustificato da ragioni di urgenza).

La sentenza

Corte di Cassazione, ordinanza 21 gennaio 2025 n.1443

Il Tribunale di Catania riconosce il diritto ai buoni pasto oltre la sesta ora di lavoro

L’art.8 del D. Lgs. 8 aprile 2003 n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), dispone che “il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto; le modalità e la durata della pausa sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro ed, in difetto di disciplina collettiva, la durata non è inferiore a dieci minuti e la collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo“.
Il testo legislativo, dunque, collega la consumazione del pasto con la pausa di lavoro, dopo la sesta ora di lavoro.

La sentenza

Tribunale di Catania, sentenza n.5716/2024 del 18/12/2024

La Conferenza Stato-Regioni allarga la flat tax per le prestazioni aggiuntive

La Conferenza Stato-Regioni, col documento 25/10/CR05/C7, chiarisce parecchi dubbi sulla tassazione delle prestazioni aggiuntive:
1) Le prestazioni aggiuntive possono avere finalità molteplici: quelle di sopperire alla carenza
di organico, di ridurre le liste di attesa nonché il ricorso alle esternalizzazioni.
2) La flat tax è per cassa, anche per prestazioni rese anteriormente al D.L. 7 giugno 2024 n.73.
3) Si applica anche alle indennità per guardia notturna.

Decreto 4 agosto 1998

Documento della Conferenza Stato-Regioni

La ritenuta 5% sull’intramoenia non può essere applicata retroattivamente

Deve escludersi che l’Azienda sanitaria possa applicare la trattenuta di cui all’1,comma 4, lett. c), secondo periodo della L. n. 120 del 2007, come modificato dal D.L. n. 158 del 2012, in difetto di previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale e di intesa con i dirigenti interessati intervenuti in epoca successiva all’entrata in vigore della disposizione siccome modificata; la trattenuta va applicata una volta intervenuto l’accordo successivamente all’entrata in vigore della norma ancorchè, nella determinazione della tariffa, la stessa non sia stata espressamente indicata; fermi restando gli specifici obblighi normativamente previsti a carico delle aziende sanitarie, è configurabile un dovere di buona fede e correttezza in capo alle parti nella sollecita definizione degli accordi successivi all’entrata in vigore della norma per consentire la piena operatività della trattenuta e la realizzazione delle finalità pubbliche cui è destinata.

La sentenza

Corte di Cassazione, sentenza 3 ottobre 2023 n.27883

 

Ritardo graduazione funzioni dirigenziali, ASP condannata a risarcire il danno.

L’ASP di Catania condannata a risarcire il danno per il ritardo nella graduazione delle funzioni e nella pesatura degli incarichi dirigenziali nella misura del 50% delle differenze retributive di posizione perdute, a titolo di perdita di chance. La Corte d’Appello sanziona così una situazione nella quale gli incarichi erano stati assegnati senza selezione, causando anche palesi disparità di trattamento.

La sentenza

Cessione delle farmacie. C.G.A, sentenza n.505/2024.

L’art. 12, comma 4, della legge n. 475 del 1968 stabilisce che non può risultare assegnatario per pubblico concorso di una sede farmaceutica il concorrente che abbia ceduto negli ultimi 10 anni “la propria farmacia”.  

La preclusione deve ritenersi applicabile non soltanto alla cessione da parte del farmacista titolare individuale della farmacia (così come previsto dalla lettera della norma), ma anche quando tale cessione sia operata da una società di persone,  perchè nelle società di persone, della personalità giuridica, e quindi di una autonomia patrimoniale “perfetta”, non consenta di prefigurare una netta e rigida separazione tra il patrimonio sociale e quello dei singoli soci; ne consegue che tutti gli elementi che compongono il patrimonio sociale, ivi compreso il diritto di esercitare la farmacia ed il compendio aziendale all’uopo destinati, non possono non ritenersi “propri” anche dei singoli soci. Pertanto, “la soggettività giuridica delle società di persone non è idonea ad integrare uno schermo impenetrabile tra la società ed i soci” (così, Cons. Stato, n. 229 del 2020);

Assume rilievo il disposto dell’art. 7, comma 2, secondo periodo, della legge n. 362 del 1991, nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dall’art. 5 del d.l. n. 223 del 2006, in base al quale “sono soci della società farmacisti iscritti all’albo della provincia in cui ha sede la società, in possesso del requisito dell’idoneità previsto dall’art. 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475 e successive modificazioni”, norma da cui si desume la volontà del legislatore di riservare in via esclusiva ai farmacisti l’esercizio in forma associata dell’attività farmaceutica, di talché, in quella cornice normativa, la forma societaria, e segnatamente la società di persone composta da farmacisti, costituiva esclusivamente uno schema organizzativo, rilevante soltanto nei rapporti interni e in quelli con i terzi: detto in altri termini, “l’attività di distribuzione farmaceutica, pur quando organizzata in forma societaria, continuava a conservare una forte impronta personalistica, riflesso della peculiare natura dell’attività esercitata, la quale rinveniva nelle qualità e nei titoli professionali dei soci – farmacisti la garanzia principale dei suo corretto svolgimento” (così Cons. Stato, n. 229 del 2020);

– di qui il corollario che, in un’ottica pubblicistica, il farmacista non dismetteva la sua rilevanza centrale allorché la farmacia fosse gestita dalla società di persone di cui il medesimo faceva parte, di talché la posizione del socio – farmacista non potrebbe non assumere rilevanza ai fini dell’applicazione dell’art. 12, comma 4, della legge n. 475 del 1968.La sentenzaConsiglio di Giustizia Amministrativa sentenza n.505/2024

Cessione di farmacia

Sospensione dell’accreditamento istituzionale fino al 31/12/2026

La sospensione è disposta dall’art. 36 della Legge 16 dicembre n.193. I dossier preparatori chiariscono che non è sospeso l’intero sistema, ma solo l’accreditamento di nuove strutture o l’estensione della attività di quelle già accreditate ad altre branche. La norma così rinvia l’introduzione del principio di concorrenza basato sulla qualità e sui costi, che era stato introdotto con l’art.8-quinquies, comma 1 bis, del D. Lgs. n.502/1992. La dsisposizione è anche di dubbia costituzionalità, considerato che limita per due anni la libertà di iniziativa economica:

Art.36

Sospensione dell’efficacia delle disposizioni in materia di accreditamento e di accordi contrattuali con il Servizio sanitario nazionale

1. Al fine di procedere a una revisione complessiva della disciplina concernente l’accreditamento istituzionale e la stipulazione degli accordi contrattuali per l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per conto e a carico del Servizio sanitario nazionale, l’efficacia delle disposizioni di cui agli articoli 8-quater, comma 7, e 8-quinquies, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nonché del decreto del Ministro della salute 19 dicembre 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2022, adottato ai sensi del medesimo articolo 8-quater, comma 7, del decreto legislativo n. 502 del 1992, è sospesa fino agli esiti delle attività del Tavolo di lavoro per lo sviluppo e l’applicazione del sistema di accreditamento nazionale, istituito ai sensi dell’intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 20 dicembre 2012 (Rep. atti n. 259/CSR), da sottoporre ad apposita intesa nell’ambito della medesima Conferenza permanente, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2026.
 

DECRETO-LEGGE 1 ottobre 2024, n. 137 (violenza contro i sanitari)

Contrasto ai fenomeni di violenza nei confronti dei sanitari

Misure urgenti per contrastare i fenomeni di violenza nei confronti dei professionisti sanitari, socio-sanitari, ausiliari e di assistenza e cura nell’esercizio delle loro funzioni nonchè di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria.

La Corte Costituzionale boccia l’extrabudget della Regione Siciliana

Corte Costituzionale, sentenza del 13 dicembre 2024 n.197

L’art.5. comma 15, della L. Regione Siciliana del 12 maggio 2020 n.9 interveniva in materia di prestazioni rese dalle strutture accreditate con il SSR, e consentiva a queste ultime di restituire l’anticipazione loro riconosciuta per l’anno 2020 (a titolo di “indennità di funzione” per il periodo della pandemia) mediante gli importi maturati come extrabudget, non liquidabile, nelle annualità successive.

Rispetto all’originaria durata triennale, tale meccanismo è stato esteso, dalla disposizione impugnata innanzi alla Corte Costituzionale, al settennio 2020-2026. Viene, infatti, stabilito che la restituzione in favore del SSR di quanto ricevuto dalle strutture accreditate a titolo di anticipazione avvenga “esclusivamente mediante prestazioni extra-budget non liquidabili, in riferimento ad ogni singola annualità del detto settennio, con copertura, stante la natura transattiva della presente norma, nel fondo rischi per contenzioso di ciascuna Azienda, ove le somme non siano già state erogate”.

Secondo la Corte, “l’estensione, operata dalla disposizione impugnata, del termine di restituzione dell’anticipazione maturata nel 2020 oltre i limiti temporali della legislazione d’emergenza non rinviene più giustificazione nella necessità di arginare gli effetti del fenomeno pandemico rispetto alla gestione del SSR e comporta anzi, come denuncia il ricorrente, un inappropriato utilizzo di risorse sanitarie regionali “a copertura di prestazioni sanitarie delle strutture accreditate altrimenti non riconoscibili a carico del S.S.R.” perché destinato ad operare al di fuori del sistema del budget.”

La sentenza pone un grosso problema di applicazione temporale. Ai sensi dell’art.136 Cost., la legge dichiarat illegittima non può essere applicata dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza, ma, in realtà ha effetto retroattivo, salvo i rapporti che sono già definiti od “esauriti” perchè prescritti o oggetto di sentenza passata in giudicato, o per i quali è intervenuta una decadenza o decisi con atti amministrativi definitivi. Purtroppo questa sentenza interviene prima della conclusione del 2024 e una interpretazione restrittiva potrebbe essere quella di considerare i rapporti del 2024 ancora non “esauriti” e far perdere ai soggetti accreditati la possibilità di compensare l’indennità di funzione già percepita con l’extrabudget 2024. In realtà si può anche sostenere che la legge regionale abbia previsto una “compensazione legale“. In tal caso, la compensazione opera in modo automatico, dal momento della coesistenza dei due debiti (art.1242 cod. civ.), per cui si può considerare “definita” o “esaurita” la compensazione della indennità di funzione fino all’extrabudget maturato alla data del 13 dicembre 2024.

Questo è l’unica interpretazione che può evitare un danno per le strutture accreditate e, indirettamente, agli assistiti del SSR. Infatti, le altre vie praticate, quale quella dell’indebito arricchimento delle ASP, sono state già escluse dalla giurisprudenza perchè, per principio, l’extrabudget non è autorizzabile ed utile per il servizio pubblico (es. Cassazione civile sez. III, 06/07/2020,  n.13884).

      La sentenza

L’azienda sanitaria risponde per il demansionamento operato dal Primario

Corte di Cassazione: ordinanza n.1351 del 12 gennaio 2024

In tema di dequalificazione professionale, il giudice del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato, può desumere l’esistenza del relativo danno – avente natura patrimoniale e il cui onere di allegazione incombe sul lavoratore – e determinarne l’entità, anche in via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto.  L’autonomia organizzativa di cui può godere il responsabile di struttura complessa rispetto all’Azienda sanitaria, infatti, trova comunque un evidente limite nel rispetto dell’obbligo generale di piena osservanza delle regole che disciplinano il rapporto di lavoro e quindi nell’obbligo di assegnazione del lavoratore stesso alle mansioni di sua competenza, evitando che la violazione di quest’ultimo obbligo venga a ledere il diritto del lavoratore a non vedere compromessa la propria qualificazione professionale.
Dell’osservanza di tale obbligazione l’Azienda sanitaria viene a rispondere quale controparte contrattuale del lavoratore, senza poter conseguire esonero della propria responsabilità – che costituisce responsabilità da inadempimento – dalla condotta dei preposti alla struttura complessa, sul cui operato l’Azienda stessa è comunque tenuta a vigilare, assumendo le necessarie iniziative quando l’esercizio del potere organizzativo del responsabile si traduca nella illegittima lesione dei diritti dei lavoratori” (caso di demansionamento operato da un Direttore di Struttura Complessa in danno di un dirigente medico della struttura; l’azienda sanitaria si difendeva dicendo di “non sapere“).

L’ordinanza