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Neutralizzazione dei periodi contributivi anche per le pensioni miste

La Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con la sentenza del 2/12/2024, n.30803,

afferma che “Il rimedio, elaborato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, della cd. “neutralizzazione” dei periodi a retribuzione ridotta può trovare applicazione anche nei casi in cui la pensione sia ancora in tutto o in parte liquidata con il sistema cd. retributivo (Cass. nn. 29967/22, 28025/18, 26442/21, 32775721). Infatti, ai sensi della L. n. 153 del 1969, art. 22, comma 5, “la pensione di anzianità è equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia quando il titolare di essa compie l’età stabilita per il pensionamento di vecchiaia“, e chiarisce che essa deve essere intesa nel senso che “al compimento dell’età pensionabile prevista per la pensione di vecchiaia diviene applicabile tutta la disciplina dettata per tale pensione, ivi compresa quella relativa ai requisiti contributivi, con la conseguenza che diviene astrattamente possibile richiedere la neutralizzazione di quella parte della contribuzione finale che si appalesi non più necessaria in relazione al requisito contributivo proprio della pensione di vecchiaia e la cui sterilizzazione appaia invece idonea a garantire all’assicurato un più elevato trattamento di pensione”.

La “neutralizzazione” consente di eliminare dal calcolo della pensione gli anni in cui si è percepita una retribuzione inferiore, se non sono più necessari per l’accesso alla pensione, il che può portare ad una riliquidazione più favorevole. Tuttavia ci sono due limiti temporali:

  1. E’ possibile neutralizzare solamente i contributi dei cinque anni precedenti al pensionamento. Infatti la Corte Costituzionale, con la sentenza n.82 del 13/04/2017 ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, 8° comma, L. 29 maggio 1982, n. 297, nella parte in cui non prevede il diritto alla «neutralizzazione» dei periodi di contribuzione per disoccupazione e per integrazione salariale anche oltre i limiti del quinquennio, coinvolgendo scelte discrezionali spettanti solo al legislatore
  2. E’ possibile la neutralizzazione solo dei contributi successivi alla maturazione del diritto alla pensione; e questo significa che per la pensione di vecchiaia non possono essere oggetto di neutralizzazione i primi 20 anni di contributi, ma solo quelli successivi. Infine, per la pensione anticipata la “neutralizzazione” non può portare a ridurre il periodo utile al di sotto dei requisiti minimi di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
La sentenza

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, sentenza del 2 dicembre 2024, n.30803

Quando la retta alberghiera è a carico del SSN

Cass. civ., Sez. III, Ord., 29/07/2024, n. 21162

La Corte di Cassazione precisa i casi in cui la “retta alberghiera” non può essere richiesta al paziente o ai suoi familiari, ma rimane a carico della struttura sanitaria (caso di malato di alzheimer).  Il Tribunale di Grosseto, con sentenza n.152 del 25 marzo 2025,  applica gli stessi principi.

“Le prestazioni socio-assistenziali di rilievo sanitario vanno ricondotte a quelle a carico del SSN quando risulti, in base ad una valutazione operata in concreto, che tenga conto della patologia in atto, del suo stadio al momento del ricovero e della sua prevedibile evoluzione futura, che esse siano necessarie per assicurare all’interessato la doverosa tutela del diritto alla salute, in uno con la tutela della sua dignità personale. Si tratta in tali casi di prestazioni di natura sanitaria che non possono essere eseguite se non congiuntamente all’attività di natura socio-assistenziale, la quale è pertanto avvinta alle prime da un nesso di strumentalità necessaria, che rende inconferente la prevalenza o meno delle prestazioni di natura sanitaria rispetto a quelle assistenziali, essendo anche queste a carico del SSN, poiché strumentali a quelle sanitarie“. L’individuazione di “un trattamento terapeutico personalizzato” (e, dunque, non connotato da occasionalità) il discrimen per ritenere la prestazione socio-assistenziale “inscindibilmente connessa” a quella sanitaria e, quindi, soggetta al regime di gratuità propria di quest’ultima.

L'ordinanza

Corte di Cassazione, ordinanza del 29 luglio 2024 n.21162

La sentenza

Tribunale di Grosseto, sentenza n.152 del 25 marzo 2025

D.M. 13 gennaio 2025 n.12. Tabella unica del valore pecuniario dei punti di invalidità tra dieci e cento punti.

Regolamento recante la tabella unica del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità tra dieci e cento punti, comprensivo dei coefficienti di variazione corrispondenti all’età del soggetto leso, ai sensi dell’articolo 138, comma 1, lettera b), del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Ai sensi dell’art.7, comma 4, della LEGGE 8 marzo 2017, n. 24, “Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo”. 

D.M. 13 gennaio 2025 n.12

D.M. 13 gennaio 2025 n.12

I buoni pasto sono dovuti durante le ferie: Corte di Cassazione, ord. 24 settembre 2024 n.25840

La retribuzione da utilizzare come parametro per il periodo delle ferie, o per l’indennità di ferie non godute, deve comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale e professionale del lavoratore e, pertanto, anche i buoni pasto

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha precisato che con l’espressione contenuta nell’art. 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali “deve essere mantenuta” la retribuzione, con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria (nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C.350/06 e C-520/06, Schultz-Hoff e altri). Ciò che si è inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. C.G.U.E. Williams e altri, C-155/10 del 13 dicembre 2018 ed anche la causa To.He. del 13/12/2018, C-385/17).

La sentenza

Corte di Cassazione, ordinanza del 24 settembre 2024 n.25840

L’inndenità di esclusività dei dirigenti con impegno orario ridotto

Per la Corte di Cassazione (sentenza 1 marzo 2025 n.5434) la disposizione del CCNL del 19/12/2019, (art.112, comma 10), che riduceva l’indennità di esclusività dei dirigenti con imegno orario ridotto, non era in contrasto con la direttiva 97/81/CE, relativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dai CEEP e dal CES, nonché con la legislazione nazionale – il d.lgs. n. 61 del 2000, ora abrogato dal d.lgs. n. 81 del 2015, perchè l’indennità di esclusività è “retribuzione” a tutti gli effetti, non rilevando che l’esclusività comporta identica lmitazione, sia i dirigenti medici con impegno orario ridotto che non. Il nuovo CCNL del 23/01/2024 contiene invece una disposizione opposta (art.87, comma 10), e reintroduce l’integrale pagamento della indennità di esclusività anche per i dirigenti con impegno orario ridotto, rientrando questa opzione nella autonomia contrattuale delle parti.

La sentenza

 

Il Tribunale di Napoli decide un caso di malsanità con danni gravissimi al momento della nascita e precisa che il danno biologico, ossia il danno alla salute (la lesione al fisico), è  “danno dinamico-relazionale” e il danno morale (ossia il patimento) è diventato “danno da sofferenza soggettiva interiore”. La sentenza indica il danno biologico e danno morale con valori separati in quanto le tabelle contengono gli importi relativi al danno non patrimoniale, specificando la componente del danno alla salute e quella del danno morale.

La componente morale del danno va accertata, caso per caso, pertanto, non può considerarsi sempre presente anche in presenza di una macrolesione ma deve essere debitamente allegata mediante la compiuta descrizione di tutte le sofferenze di cui si pretende la riparazione (mentre all’onere di allegazione dei danni non corrisponde un onere di qualificazione giuridica, ovvero il loro inquadramento sub specie iuris, alla luce del principio iura novit curia) e dimostrata dal danneggiato.

La sentenza

Trribunale di Napoli Nord, sentenza n.328 del 27 gennaio 2025

AGENZIA DELLE ENTRATE, RISPOSTA N.23/2025

Le prestazioni rese nei confronti degli associati possono beneficiare, al pari dei consorzi e delle cooperative, del regime di esenzione dell’IVA di cui all’articolo 10, comma 2 del d.P.R. n. 633 del 1972, e della conseguente dispensa dagli adempimenti di cui all’articolo 36­bis del medesimo decreto. 

Tuttavia l’Associazione si deve qualificaew come ente privato, diverso dalle società, che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera b), del Tuir. Il reddito prodotto dall’Associazione deve quindi essere considerato reddito di impresa da qualsiasi fonte provenga, ai sensi dell’articolo 81 del Tuir e soggetto ad IRES. E’  inoltre soggetta all’Irap, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n.446 del 1997.

  1.  La risposta

Corte di Cassazione, Ordinanza del 21 maggio 2024 n.14083

La Corte precisa il nuovo orientamento:

1) In linea di principio il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere sostituito da una indennità finanziaria.

2) Sono contrarie al diritto comunitario ed alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea disposizioni interne che prevedano la perdita del diritto alle ferie se non godute entro il periodo di riferimento o altro periodo successivo, anche quando il lavoratore è stato in congedo per malattia.

3) E’ il datore di lavoro che deve provare di aver messo il lavoratore nelle condizioni di fruire delle ferie, anche mediante invito formale ed incondizionato, con espresso avviso, in mancanza, della perdita del diritto. Il divieto di monetizzazione opera solo nel caso in cui il dipendente rinunci di propria volontà al godimento delle ferie, pena la violazione degli artt.32 e 36 della Costituzione. In conclusione, nel caso in specie, il dipendente non perde il diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità.

L'ordinanza

Corte di Cassazione, Ordinanza del 21 maggio 2024 n.14083

Esenzione IMU attività sanitarie ed assistenziali (Cass. Civ., ord. n.32690/2024)

L’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, prevede l’esenzione da ICI (IMU) per gli immobili destinati allo svolgimento con modalità non commerciali: «attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive», nonchè per gli immobili destinati allo svolgimento delle «attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n.222», e cioè le “attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana“, a condizione che le attività siano svolte da “enti pubblici e privati diversi dalle società,  trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato“. Inoltre, perchè le attività siano “non commerciali” è necessario che siano effettuate a titolo gratuito o con un corrispettivo simbolico.  Inoltre, l’art. 1, lett. p, del d.m. 19 novembre 2012, n.200, sancisce che le “modalità non commerciali” sono le «modalità di svolgimento delle attività istituzionali prive di scopo di lucro che, conformemente al diritto dell’Unione Europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà”. Posto, ciò, la Corte di Cassazione stabilisce che “In materia di IMU, per usufruire dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504 (in forza del rinvio disposto dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23), non è sufficiente che un immobile sia utilizzato per lo svolgimento di attività assistenziali o sanitarie, in regime di convenzione con il S.S.N. e con tariffe imposte dalla Regione in ossequio ai limiti fissati dal d.P.C.M. 29 novembre 2001 per la compartecipazione percentuale degli utenti ai costi delle prestazioni erogate, in presenza dei requisiti previsti dagli artt. 3 e 4, comma 2, del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, da una fondazione senza finalità lucrativa e con carattere di ONLUS, ma è necessario che quest’ultima – oltre ad assolvere l’obbligo dichiarativo di cui all’art. 9, comma 6, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nelle forme stabilite dall’art. 6 del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, che è adempimento essenziale ed imprescindibile per godere dell’agevolazione (anche in caso di utilizzazione “mista”) – dimostri che le attività a cui l’immobile è destinato, oltre a rientrare tra quelle esenti secondo la tipizzazione legislativa e regolamentare, siano svolte con modalità “non commerciali” nell’accezione  sancita dalla decisione adottata dalla Commissione Europea del 19 dicembre 2012″ nel senso sopra precisato.

L'ordinanza