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I limiti alle competenze del fisioterapista

Cassazione Penale, sentenza 7 agosto 2025 n.29217

La diagnosi e la prescrizione della terapia sono atti riservati alla professione medica ed il fisioterapista che esegue diagnosi ed elabora programmi terapeutici e riabilitativi commette il reato di esercizio abusivo della professione medica (art.348 c.p.). A questi compete l’esecuzione, in autonomia, della prescrizione medica.

Il testo

 

Contraddittorio obbligatorio prima del T.S.O.

Con la sentenza numero 76 depositata del 30 maggio 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 35 della legge numero 833 del 1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) nella parte in cui non prevede che il provvedimento del sindaco che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera sia comunicato alla persona sottoposta al trattamento; che la stessa sia sentita dal giudice tutelare prima della convalida; e che il relativo decreto di convalida sia a quest’ultima notificato.

Si tratta del classico caso in cui la teoria non tiene conto della realtà: spesso è impossibile comunicare il provvedimento ad un soggetto “non compos sui“, o “sentirlo” entro 48 ore, con il risultato di aggravare il procedimento di oneri che non potranno essere osservati.

Il testo

La sentenza

Il CGA rimette alla Corte di Giustizia Europea la legittimità del budget fissato sulla “spesa storica”

Il C.G.A. ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione europea i seguenti quesiti:

i) “se l’esclusione dall’ambito applicativo della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 , relativa ai servizi nel mercato interno per i  “servizi sanitari” abbia o meno ricadute sulla piena attuazione dei principi a tutela della concorrenza nello specifico settore dell’accesso dei soggetti privati accreditati alla sottoscrizione dei contratti di cui all’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, e ciò in attuazione delle previsioni dell’art. 3, comma 3, T.U.E. e degli artt. 3, par. 1, lett. b), 106, 116, 117, par. 1, T.F.U.E.”;

ii) “in caso di risposta negativa al quesito sub i), se il criterio della c.d. spesa storica utilizzato per assegnare alle imprese private accreditate il budget in relazione al quale stipulare i singoli contratti ai sensi dell’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, ove applicato in via esclusiva o prevalente o comunque preponderante dall’amministrazione regionale, si ponga in contrasto con l’art. 3, comma 3, T.U.E. e con gli artt. 3, par. 1, lett. b), 106, 116, 117, par. 1, T.F.U.E.”;

iii) “se le previsioni dell’art. 3, comma 3, T.U.E. e degli artt. 3, par. 1, lett. b), 106, 116, 117, par. 1, T.F.U.E. e, più in generale, i principi posti a tutela della concorrenza e del libero mercato, ostino a disposizioni regionali che, per l’accesso al mercato delle prestazioni sanitarie erogate a carico della finanza pubblica da soggetti privati accreditati, e pertanto per il primo contratto, prevedano un budget di ingresso fisso, predeterminato dall’amministrazione regionale e indipendente da valutazioni in ordine alla efficienza e capacità del soggetto erogatore, alle specifiche esigenze degli assistiti da soddisfare, alla dislocazione sul territorio dei servizi, alle unità di personale e alla dotazione tecnologica a disposizione dell’erogatore”; iv) “in caso si ritenga, rispondendo al quesito sub iii), che la previsione di un budget di ingresso fisso sia compatibile con le disposizioni dell’art. 3, comma 3, T.U.E. e degli artt. 3, par. 1, lett. b), 106, 116, 117, par. 1, T.F.U.E. e, più in generale, con i principi posti a tutela della concorrenza e del libero mercato, se tale compatibilità dipenda dal valore del budget di ingresso predeterminato dall’amministrazione regionale, considerato in termini assoluti ovvero in relazione al valore dei budget attribuiti agli altri soggetti privati accreditati già contrattualizzati e operanti nel medesimo settore o branca specialistica”. 

L'ordinanza

       L’ordinanza

Ferie non godute, mobilità e monetizzazione

Tribunale di Catania, sentenza n.1100 del 12 marzo 2025.

Il Tribunale conferma la giurisprudenza consolidata: in caso di mobilità il lavoratore non perde le ferie non godute, ma ne può usufruire presso la nuova azienda sanitaria. Infine, nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, le ferie non godute devono essere monetizzate. E’ noto che l’onere di provare di aver messo il lavoratore nelle condizioni di fruire delle ferie è a carico del datore di lavoro.

La sentenza

La sentenza

Trasparenza e veridicità dei messaggi pubblicitari

Corte di Cassazione Civile, sentenza 27 settembre 2024 n.25820

Anche all’interno del nuovo sistema normativo, seguito all’abrogazione del divieto di pubblicità informativa dei professionisti sanitari introdotta dal d.l. n. 223/06 (cosiddetto «decreto Bersani»), gli Ordini professionali conservano il potere di verifica, al fine dell’applicazione delle sanzioni disciplinari, della trasparenza e della veridicità dei messaggio pubblicitario; l’art. 4, comma 2, del d.P.R. 3 agosto 2012, n. 137 statuisce, infatti, che la pubblicità informativa deve essere «funzionale all’oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l’obbligo di segreto professionale e non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria».

Nel caso in specie la grafica delle litografie e dei volantini e dei cartelloni era tale da far risaltare ed enfatizzare il dato economico e il contenuto risultava equivoco e suggestivo tale da attrarre la clientela con costi molto bassi, incompatibili con la dignità e il decoro della professione; per esempio, erano utilizzati termini quali «servizio low cost» e «gratis» che avevano carattere prettamente commerciale, tendenti a persuadere il possibile cliente attraverso concetti comunicativi emozionali, basati su elementi eccedenti l’ambito informativo previsto dal Codice deontologico e che concretizzavano un tentativo di accaparramento di clientela attraverso un mezzo illecito, con un immagine ridicolizzante la professione.

Il testo dell'ordinanza

Il testo dell’ordinanza

Complicanze, consenso informato e responsabilità medica. Tribunale di Catania , sentenza 16 ottobre 2024 n.4874: non sempre è malasanità

Non tutte le complicanze costituiscono fonte di responsabilità medica. Vanno – infatti – verificati due presupposti: la prevedibilità, che è la capacità di riconoscere un pericolo di danno; e l’evitabilità, che è la possibilità di neutralizzare questo danno. Se la complicanza era prevedibile ed evitabile in concreto, allora esiste verosimilmente un fatto illecito che è fonte di responsabilità sanitaria. Se la complicanza non era prevedibile o non era evitabile, allora non è imputabile, in quanto dipende da quella alea terapeutica sempre imponderabile, che si annida in tutte le vicende cliniche.

Pertanto, o il medico riesce a dimostrare di aver tenuto una condotta conforme alle leges artis, ed allora egli va esente da responsabilità, a nulla rilevando che il danno patito dal paziente rientri o meno nella categoria delle complicanze, oppure all’opposto, il medico quella prova non riesce a fornirla: ed allora non gli gioverà la circostanza che l’evento di danno sia in astratto imprevedibile ed inevitabile, giacché quel che rileva è se era prevedibile ed evitabile nel caso concreto (Corte di Cass. III sez. civ. sent. n. 24074 del 13.10.2017).

Se vi è il consenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe comunque prestato il suo consenso)” e “non vi è alcun danno derivante dall’intervento”, non è dovuto alcun risarcimento; se, invece, “ricorrono il consenso presunto e il danno iatrogeno (cioè un peggioramento delal salute), ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria” (cioè, l’intervento è stato correttamente eseguito), il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, all’autodeterminazione è risarcibile qualora il paziente alleghi e provi che dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente.

La sentenza

La sentenza del Tribunale di Catania

Neutralizzazione dei periodi contributivi anche per le pensioni miste

La Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con la sentenza del 2/12/2024, n.30803,

afferma che “Il rimedio, elaborato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, della cd. “neutralizzazione” dei periodi a retribuzione ridotta può trovare applicazione anche nei casi in cui la pensione sia ancora in tutto o in parte liquidata con il sistema cd. retributivo (Cass. nn. 29967/22, 28025/18, 26442/21, 32775721). Infatti, ai sensi della L. n. 153 del 1969, art. 22, comma 5, “la pensione di anzianità è equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia quando il titolare di essa compie l’età stabilita per il pensionamento di vecchiaia“, e chiarisce che essa deve essere intesa nel senso che “al compimento dell’età pensionabile prevista per la pensione di vecchiaia diviene applicabile tutta la disciplina dettata per tale pensione, ivi compresa quella relativa ai requisiti contributivi, con la conseguenza che diviene astrattamente possibile richiedere la neutralizzazione di quella parte della contribuzione finale che si appalesi non più necessaria in relazione al requisito contributivo proprio della pensione di vecchiaia e la cui sterilizzazione appaia invece idonea a garantire all’assicurato un più elevato trattamento di pensione”.

La “neutralizzazione” consente di eliminare dal calcolo della pensione gli anni in cui si è percepita una retribuzione inferiore, se non sono più necessari per l’accesso alla pensione, il che può portare ad una riliquidazione più favorevole. Tuttavia ci sono due limiti temporali:

  1. E’ possibile neutralizzare solamente i contributi dei cinque anni precedenti al pensionamento. Infatti la Corte Costituzionale, con la sentenza n.82 del 13/04/2017 ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, 8° comma, L. 29 maggio 1982, n. 297, nella parte in cui non prevede il diritto alla «neutralizzazione» dei periodi di contribuzione per disoccupazione e per integrazione salariale anche oltre i limiti del quinquennio, coinvolgendo scelte discrezionali spettanti solo al legislatore
  2. E’ possibile la neutralizzazione solo dei contributi successivi alla maturazione del diritto alla pensione; e questo significa che per la pensione di vecchiaia non possono essere oggetto di neutralizzazione i primi 20 anni di contributi, ma solo quelli successivi. Infine, per la pensione anticipata la “neutralizzazione” non può portare a ridurre il periodo utile al di sotto dei requisiti minimi di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
La sentenza

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, sentenza del 2 dicembre 2024, n.30803

Quando la retta alberghiera è a carico del SSN

Cass. civ., Sez. III, Ord., 29/07/2024, n. 21162

La Corte di Cassazione precisa i casi in cui la “retta alberghiera” non può essere richiesta al paziente o ai suoi familiari, ma rimane a carico della struttura sanitaria (caso di malato di alzheimer).  Il Tribunale di Grosseto, con sentenza n.152 del 25 marzo 2025,  applica gli stessi principi.

“Le prestazioni socio-assistenziali di rilievo sanitario vanno ricondotte a quelle a carico del SSN quando risulti, in base ad una valutazione operata in concreto, che tenga conto della patologia in atto, del suo stadio al momento del ricovero e della sua prevedibile evoluzione futura, che esse siano necessarie per assicurare all’interessato la doverosa tutela del diritto alla salute, in uno con la tutela della sua dignità personale. Si tratta in tali casi di prestazioni di natura sanitaria che non possono essere eseguite se non congiuntamente all’attività di natura socio-assistenziale, la quale è pertanto avvinta alle prime da un nesso di strumentalità necessaria, che rende inconferente la prevalenza o meno delle prestazioni di natura sanitaria rispetto a quelle assistenziali, essendo anche queste a carico del SSN, poiché strumentali a quelle sanitarie“. L’individuazione di “un trattamento terapeutico personalizzato” (e, dunque, non connotato da occasionalità) il discrimen per ritenere la prestazione socio-assistenziale “inscindibilmente connessa” a quella sanitaria e, quindi, soggetta al regime di gratuità propria di quest’ultima.

L'ordinanza

Corte di Cassazione, ordinanza del 29 luglio 2024 n.21162

La sentenza

Tribunale di Grosseto, sentenza n.152 del 25 marzo 2025

D.M. 13 gennaio 2025 n.12. Tabella unica del valore pecuniario dei punti di invalidità tra dieci e cento punti.

Regolamento recante la tabella unica del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità tra dieci e cento punti, comprensivo dei coefficienti di variazione corrispondenti all’età del soggetto leso, ai sensi dell’articolo 138, comma 1, lettera b), del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Ai sensi dell’art.7, comma 4, della LEGGE 8 marzo 2017, n. 24, “Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo”. 

D.M. 13 gennaio 2025 n.12

D.M. 13 gennaio 2025 n.12

I buoni pasto sono dovuti durante le ferie: Corte di Cassazione, ord. 24 settembre 2024 n.25840

La retribuzione da utilizzare come parametro per il periodo delle ferie, o per l’indennità di ferie non godute, deve comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale e professionale del lavoratore e, pertanto, anche i buoni pasto

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha precisato che con l’espressione contenuta nell’art. 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali “deve essere mantenuta” la retribuzione, con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria (nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C.350/06 e C-520/06, Schultz-Hoff e altri). Ciò che si è inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. C.G.U.E. Williams e altri, C-155/10 del 13 dicembre 2018 ed anche la causa To.He. del 13/12/2018, C-385/17).

La sentenza

Corte di Cassazione, ordinanza del 24 settembre 2024 n.25840